ANGEL-A di Luc Besson


Besson parla di “quattro personaggi principali”: Angela, Andrè, Parigi, il bianco e nero. Una dichiarazione d’amore alla “città più bella del mondo”, soprattutto quella dei ponti, sotto la luce delle albe estive, fotografata splendente dal fedele Thierry Arbogast. Jamiel Debbouze, comico televisivo, e Rie Rasmussen (sceneggiatrice e autrice di corti, al suo primo ruolo da protagonista) i protagonisti fortemente caratterizzati. Tutto è fondato su dualismi. Angeli e demoni. Un angelo custode ed uno interiore (la propria parte femminile) da scoprire. Una donna bianchissima, bionda, alta, pura e con soluzioni pronte. Trecento anni in cui è stata pescatore, lottatore di sumo, bambino. Gesticola e si muove molto come per occupare lo schermo, rappresentare l’umanità. Ma non ha radici e non sa chi è. Un uomo basso, scuro, mentitore. Indebitato con la malavita e pronto al suicidio. Il sogno di un incontro non casuale e la nascita di un amore. Chi offre la salvezza della libertà, chi un futuro con il cuore. Un’idea di arte-spettacolo non realistica, senza timore di un semplicismo ingenuo e favolistico, con l’intenzione di “mettere il dito nella piaga, aprire un dibattito”. Obiettivo raggiunto.

(di Federico Raponi)


Dopo sette anni di silenzio (l'ultimo suo lavoro è stato Giovanna d'Arco), Luc Besson decide di ritornare alla ribalta con Angel-A, una piccola fiaba romantico-esistenziale, in bianco e nero, dal budget ridotto rispetto ai suoi classici standard. La storia è quella di Andrè, un piccolo truffatore "male in arnese" che, asfissiato dai debiti e perseguitato dai creditori, decide di farla finita gettandosi nella Senna. Sullo stesso ponte incontra però una ragazza, anche lei sul punto di spiccare il "volo" con il medesimo intento e i suoi piani verranno irrimediabilmente stravolti.

Un film ricco di contrasti, già a partire dal bianco e nero, scelto dal regista per rendere più onirica e meno reale l'atmosfera. Anche i due protagonisti si presentano con caratteristiche fisiche e caratteriali diametralmente opposte (lui basso, bruttino, con i capelli scuri e pieno di paranoie, lei altissima, bellissima, biondissima e sicura di sè); entrano poi in gioco una serie di concetti antitetici come il bene e il male, la verità e la menzogna, la vita e la morte.

La tematica dell'angelo che scende in Terra per cambiare il corso degli eventi e aiutare gli esseri umani, non è delle più originali e nuove, intendiamoci. La memoria vaga attraverso il tempo andando a ripescare pellicole a tema "angelico" come Il cielo sopra Berlino, City of angels, Michael (dove John Travolta interpretava un angelo non proprio ortodosso che fumava, beveva e faceva sesso), Dogma, oppure la miniserie Angels in America per citare i più recenti, ma l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Nonostante ciò Besson riesce ad accattivare con un sapiente uso dei campi lunghi, alternati a primi piani, regalandoci alcuni scorci memorabili di un'insolita Parigi splendidamente ritratta nella fotografia di Thierry Arbogast, fedele collaboratore che lo segue sin dai tempi di Nikita. Anche gli interpreti sembrano ritagliati su misura per i loro ruoli: la statuaria Rie Rasmussen, (che ricordiamo in un torrido approccio con Rebecca Romijn Stamos in Femme Fatale di Brian De Palma) nei panni di Angela, riceve un giusto tributo alla sua bellezza e non ci dispiace nemmeno come attrice (ma è anche modella e regista: ha realizzato due cortometraggi uno dei quali partecipò alla selezione ufficiale a Cannes nel 2004). Suo partner, nel film, è Jamel Debbouze (Andrè), attore algerino conosciuto ne Il meraviglioso mondo di Amelie, menomato ad un braccio e dotato di spiccata sensibilità.

Più che rimarcare i buoni sentimenti e la redenzione,  Besson intende sottolineare la dualità dell'essere umano, la sua capacità di contenere due esseri contrapposti dalle sensibilità opposte, angelo e demone (ma anche, e soprattutto, uomo e donna) e ce lo dimostra con un escamotage tecnico, cioè mettendoci di fronte allo sguardo dei due attori, che si rivolgono direttamente alla telecamera creando uno scambio diretto di emozioni con lo spettatore. Ciò emerge soprattutto in una scena particolarmente intensa in cui Andrè, di fronte ad uno specchio, dice ad Angela di amarla, ma lei lo esorta a rivolgere quella frase a se stesso. Perchè lei non è altro che il suo alter ego, quello che è veramente nel profondo, una persona meravigliosa e bellissima. La chiave del film sta proprio qui: chi siamo in realtà? Siamo angeli o demoni? A quale lato cediamo durante il corso della vita? Troveremo mai un angelo custode che ci indicherà la retta via?   

(Emanuel Perico)

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