Oggi viviamo nell'illusione di essere liberi, ma non lo
siamo affatto: vediamo infatti come la comunicazione, che si presenta come
libertà, si rovescia in controllo. Comunicazione e trasparenza producono anche
una costrizione al conformismo: oggi crediamo di non essere soggetti sottomessi
ma liberi, crediamo di essere un progetto che si delinea in maniera sempre
nuova, che si reinventa e si ottimizza. Il problema è che questo progetto, nel
quale il soggetto sottomesso si libera, si rivela esso stesso una figura della
costrizione. L’io come progetto sviluppa delle costrizioni interiori, per
esempio nella forma della prestazione e dell’ottimizzazione sempre maggiori.
Oggi viviamo in una fase storica particolare, nella quale la stessa libertà
implica costrizioni. (…) Attraverso il lavoro si viene alienati dal mondo e da
se stessi: per questo ho sostenuto che il lavoro è una de-realizzazione del Sé.
Oggi il lavoro assume la forma della libertà e dell’auto-realizzazione. Sfrutto
me stesso nella convinzione di realizzarmi. Il sentimento dell’alienazione,
qui, non sorge; così, questo è anche il primo stadio dell’euforia da burnout.
Mi butto entusiasticamente nel lavoro, fino a esserne annientato: mi realizzo
morendo. Mi ottimizzo nella morte. Mi sfrutto volontariamente, fino a
distruggermi. Questo auto-sfruttamento è più efficace dello sfruttamento
estraneo di Marx, proprio perché procede insieme al sentimento della libertà.
Il dominio neoliberale si nasconde dietro la libertà percepita: si dà, anzi,
esso stesso come libertà. Il dominio raggiunge la forma più stabile laddove
coincide con la libertà. L’odierna società non è la società della repressione,
anche se la fine della repressione non implica la libertà. Oggigiorno,
piuttosto, noi siamo depressi: la società della repressione cede il passo alla
società della depressione.
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