SECONDO ME



Kafka diceva: la poesia è malattia.
Io dico: la poesia è terapia.
L'affermazione nasce da un punto di vista esclusivamente soggettivo: non ho sufficiente "cultura" per disquisire di poeti e di poesia, non frequento persone che amano parlarne, leggo poco, ultimamente, e mi vedo come un monitor da ospedale che segna una linea piatta. Ma
d e n t r o  ho un'energia che si alimenta delle mie forze e vuole uscire, e se cerco di verbalizzare questo mio stato d'animo, non riesco se non con frasi che dovrebbero essere  v e r s i .
Ho appena scritto due parole che già da subito esigono essere approfondite.
Dentro
Dove? se fossi dal medico direi " tra lo stomaco ed il cuore, dietro lo sterno". Ma quel dentro, è il momento così come si intende nella Fisica, il perno intorno al quale un oggetto non puntiforme ruota...un altro mondo, quello che non finisco di scoprire, che cerca di comunicare con codici da decifrare e quando lo fa, dalla mia bocca-mano escono versi.
Versi
Ecco la seconda parola! Che evoca un suono sgradevole, senza senso. Sentire un verso ci fa pensare ad una richiesta d'aiuto, sicuramente non a qualcosa di bello. Ma è anche la direzione cui tendo, che non sembra essere uguale ogni volta, ma ogni volta, se ci penso, lo è: l'infinito.
La poesia è per me uno strumento attraverso il quale cerco una direzione per il mio mondo interiore e nel contempo uno sfogo, un tentativo di dare forma all'inquietudine che sta tra lo stomaco ed il cuore.



Nessun commento:

Posta un commento