Questo saggio, uscito su «Between» (III, 5, 2013), rielabora un intervento tenuto durante la tavola rotonda del convegno «Figure del desiderio. Retorica, temi, immagini», Pisa, 13-15 dicembre 2012]
Appartengo a una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non avrà potuto fare a meno di accorgersi, sono privo d’illusioni.
(Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)
(Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)
Negli ultimi quarantacinque anni la vita psichica delle masse occidentali ha subito una metamorfosi senza precedenti; noi tutti ne siamo stati trasformati e travolti. Fedele a un’idea eroica e maschile dell’accadere e dell’esperienza, all'idea che le rotture epocali si manifestino sotto forma di guerre e rivoluzioni, una parte della cultura contemporanea continua a sottovalutare la portata di quanto è avvenuto. E’ una miopia che si manifesta talvolta in forma esplicita e più spesso in forma implicita, come accade ogni volta che applichiamo alla nostra epoca concetti, parole e miti che non reggono più. Molte delle categorie con cui giudichiamo il presente, con cui prendiamo una posizione etico-politica sui problemi della nostra epoca, danno l’impressione di scivolare sulla realtà senza afferrarla, o perché fanno riferimento a un futuro che, non rimandando più a un progetto politico, rappresenta solo la proiezione di un desiderio, o perché fanno riferimento a un passato che non ritornerà. Quali sono i tratti più vistosi della metamorfosi? Che cosa è accaduto?
Fisserei tre dati di partenza: la mutazione è legata alla forma di vita capitalistica nell'epoca del suo trionfo sotto forma di consumo e di spettacolo; è personale, sovrapersonale e intrapersonale, avendo cambiato i rapporti fra le persone, i rapporti fra le persone e le istituzioni e i paesaggi psichici interiori; un lato della metamorfosi ha a che fare col tema del nostro convegno, cioè con le forme del desiderio e con la loro emersione, la loro politica, la loro polizia. Dico subito che il volto di cui parleremo copre solo una parte del fenomeno. E’ possibile che non sia questo l’aspetto principale, sebbene le categorie di principale e secondario (o di struttura e sovrastruttura, se si preferisce) siano problematiche per quanto mi riguarda; certamente è l’aspetto che più spesso si mostra nell’esperienza quotidiana delle masse europee e americane, o delle masse che imitano la forma di vita occidentale. Cercherò di riflettere su questi punti partendo dalle posizioni idealtipiche che si confrontano nel dibattito contemporaneo e proverò a fissarle appoggiandomi a due dei primi tentativi di descrivere la metamorfosi negli anni in cui il mutamento aveva luogo, la conferenza Du Discours psychanalytique che Lacan tenne all’Università Statale di Milano il 12 maggio del 1972 e l’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari, uscito nello stesso anno. E’ un confronto emblematico che si trova accennato già in uno dei maggiori interpreti italiani di Lacan, Massimo Recalcati[1]. Non farò filologia su Lacan o su Deleuze e Guattari; non ne avrei la competenza. Prima che in sé, le loro opere mi interessano per altro, per quello che hanno generato, come archetipo, origine e emblema di posizioni opposte e centrali nel dibattito sulla metamorfosi.
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